Giornalista Antifascista.

mercoledì 29 ottobre 2008

W la Squola...

Come Genitore, ex precario del pubblico ed ex insegnante del privato c’è un tema che mi sta a cuore: la Scuola.
E l’articolo del direttore de L’Unità di oggi mi ha spinto a due riflessioni. Concita di Gregorio comincia con il ricordare che sulla scuola - e con la scuola aggiungo io - abbiamo sbagliato tutti, destra e sinistra. Verissimo.
Giusta - e condivisa anche da Sartori sul Corriere - è poi la riflessione sull’università e sull’inutile – e dannosa aggiungo sempre io – proliferazione delle sedi e delle cattedre. Se da una parte sono molto contento per i miei ex colleghi del 'ruolo in esaurimento degli Assistenti volontari', che forse hanno avuto la vita più semplice per progredire nella carriera da quando le cattedre si sono moltiplicate come i funghetti nella buona stagione, dall’altra trovo che le “micro università” rischino, tra l’altro, di snaturare l’essenza stessa del periodo di studi. Condividere l’occupazione della biblioteca di Lettere con gli studenti di Scienze naturali fu un’esperienza formativa. Un’università grossa come un liceo di provincia dubito offra le stesse sensazioni.
E’ veniamo alla riforma Gelmini.
Tanto per mettere le cose in chiaro, io appartengo all’epoca di “Ucci Ucci sento odore di Falcucci”. Ho avuto la maestra unica alle elementari (in realtà ne ho avute tre, ma sono io che ho cambiato città...) ed i doppi turni alle medie.
Ma non posso non pensare che avere più di una maestra sia arricchiente. Come non riesco a concepire l’idea che le scuole di paese debbano chiudere perché non ci sono “abbastanza alunni per essere economicamente sostenibili”. Ben vengano 100 chilometri di distanza da casa quando hai 18 anni, è anche un modo per imparare a vivere lontano dalle gonne di mamma (ogni riferimento ai “bamboccioni” è puramente casuale). Ma quando ne hai 6 no.
E’ il progresso baby!
Prima si facevano 7 chilometri a piedi nella neve con un pezzo di legno per la stufa sottobraccio. E s’imparava a fare il muso di lepre con Precossi ed il Muratorino. Adesso potremmo garantire ai nostri figli una scuola più... agevole.
Se mi passate il paragone azzardato, abbiamo fatto con la scuola quello che abbiamo fatto con i finanziamenti ai media o al cinema. Quattro soldi a tutti, senza distinzione o quasi. Privilegiando i Figli di un dio Maggiore – tipo istituti di ricerca futuribili nella regione del “Ministro” o convenzioni con l’università privata dell’ex Ministro – e gettando briciole di pane a tutti gli altri.
Ed oggi abbiamo bisogno di soldi.
A credere all’On. Calipari, ne abbiamo tra l’altro bisogno perchè “Ignaaazio” ha promesso al “Texano dai neuroni di ghiaccio” (cioé congelati) quattro cacciabombardieri da mandare in quel di Kabul. E siccome il galantuomo che invita le Signore a "tapparsi la bocca con un turacciolo" – coincidenza: l’ha detto a Sky TV alla Concita di cui sopra – quei soldi non li ha perchè deve celebrare il 4 Novembre, allora li scippa alla scuola.
Non sia mai che le prossime generazioni sappiano ragionare con la propria testa, invece che sulla base del palinsesto di Rete4. Meglio ridurre il rischio da subito e dare al popolo i giochi circensi celebrativi della vittoria del 1918.
Intendiamoci, io ho perfino un nonno che la Grande Guerra l’ha fatta davvero. Nel peggiore dei modi, come Tirafili. Ma non per questo toglierei a "mia Figlia" per celebrare "mio Nonno".
Allora il resto è semplice:
Giù le mani dalla Scuola!
E ben venga il referendum proposto oggi da Veltroni.
L’istruzione è un investimento, che è vocabolo che questa generazione d’imprenditori prestati alla politica dovrebbe comprendere meglio di quell’altro lemma che mi verrebbe più naturale, ovvero Diritto. Tagliare i finanziamenti alla scuola non è solo indecente, immorale e stupido, ma è soprattutto pericoloso. Come tagliare sull’Ambiente.
E con quest’ultima riflessione, che tocca la ridicola proposta italiana di rivedere gli obblighi di Kyoto, mi viene un pensiero triste. E’ possibile che siano due donne, la Gelmini e la Prestigiacomo, a prestarsi a questi giochetti da retrobottega di pizzicagnolo?
E’ veramente solo questa la considerazione che il Governo di destra ha dei Ministri donne?

2 commenti:

Eugenio Marino ha detto...

Caro Filippo,
su questa materia, come sempre tra l'altro, ci ragiono con un approccio laico. Vengo ai fatti:

a) va bene mantenere le scuole di montagna per il ragionamento che fai tu, ma attenzione... Io ho fatto le elementari in uno di questi paesini. Oggi nel mio paese c'è un plesso quasi vuoto. Nella frazione del paese, a soli 6 KM e servito dallo scuolabus, c'è una materna con 4 alunni, tre maestre e 2 bidelli. Non sarebbe meglio chiudere e far viaggiare i pargoli per il breve tragitto?
Ancora, in un paese vicino, Carfizzi, c'è un altro plesso semivuoto e, a distanza di 1,5 KM il plesso di un altro paese. Non sarebbe meglio chiderne uno (anche se di un comune diverso) e far viaggiare i pargoli per 1,5 Km?
Il mio paese, Caccuri, dista 2 KM da Cerenzia e 6 da Castelsilano. In tre non arrivano a 300 alunni. Non sarebbe meglio mettere tutti, o almeno Cerenzia e Caccuri in un unico plesso e far fare ai pargoli 5 Km con lo scuolabus comunale che già c'è?

b)Per quel po' che mi ricordo di pedagogia, noi maestri elementari non siamo "specialisti" in una sola materia come gli universitari, ma "educatori" globali che forniscono gli "strumenti e i metodi" dell'apprendimento. E tutti i grandi pedagoghi ci consigliano di non specializzarci in un'unica materia, ma spaziare e variare. Quindi non mi spaventa il maestro unico, ma l'utilizzo che la Destra vuol farne.
Il maestro unico è colui che insegna a imparare una materia, ma non trasmette la conoscenza della materia stessa: cosa che avviene ad altri livelli di istruzione. Quindi ben venga un maestro che si occupa di tutto, tranne la lingua straniera, la musica, la religione (che io sostituirei con la storia delle religioni). Queste materie sono integrative e si dovrebbero fare nel tempo pieno.
Per questo non va abolito, ma potenziato, razionalizzato e migliorato.
Naturalmente, i soldi risparmiati dovrebbero essere reinvestiti nella scuola stessa e buona parte degli insegnanti che risulterebbero in esubero, dovrebbero riconvertirsi per fare le attività pomeridiane: storia delle religioni, musica, educazione civica, ecc.

Filippo ha detto...

Caro Eugenio, non posso che condividere un approccio "razionale" all'accorpamento di strutture scolastiche ove queste siano facilmente raggiungibii, sia dai pargoli - senza loro imporre commuting irragionevoli sin dalla tenera infanzia - che dai genitori - che come essendo padri ben sappiamo, sono a volte confrontati con operazioni di "recupero pargoli" da far invidia allo sbarco in Normandia.
Solo in Piemonte, secondo i dati dell'Assessore all'Istruzione della giunta Bresso, ci sono 816 scuole che dovrebbero chiudere, di cui 266 scuole materne ed elementari, 512 sedi scolastiche di materne, elementari e medie accorpati all'interno di istituti comprensivi, 5 scuole medie e 33 superiori. Per la maggior parte situate in zone periferiche e montane, con grandi difficoltà di accesso e trasporti, soprattutto d'inverno. Pur non essendo un fan del federalismo spinto, ho sempre pensato che più l'amministrazione è prossima al cittadino, meglio puo' rispondere ad esigenze diverse. Se invece di diktat centralisti il Ministro avesse stabilito linee guida da applicare "cum grano salis", il problema avrebbe avuto impatto ed ampiezza diversa. Molti tra quegli istituti si potrebbero fondere, altri no, ma ora ci si trova davanti ad imposizioni invece che scelte... So che a Roma puo' sembrare strano, ma esistono luoghi dove la neve non è un'occasione per chiudere la scuola ma fa parte della normalità. Quando approdai a Roma in quinta elementare, venendo da Torino, ebbi l'infinita gioia di scoprire che bastava un fiocco bianco sulla Cassia per far chiudere i cancelli in via Gallese. Per chi, come me, era abituato ad andare a scuola con la neve alle ginocchia sin dai primi di novembre fu una cosa magnifica...
Per quanto attiene alla pluralità degli insegnanti, io penso che confrontarsi sin dall'inizio del cursus scolastico con personalità ed approcci diversi sia un fatto positivo. Non credo che gli insegnanti elementari debbano diventare degli "specialisti", ma sono convinto che "insegnare ad imparare" - che è poi l'essenza della scuola, e non solo elementare - possa essere fatto in molti modi. Il succedersi di maestri diversi, coesi nell'obiettivo ma ognuno con il proprio "stile", è un espediente formativo che avvantaggia l'alunno (confrontandolo alla necessità di porsi in maniera diversa davanti a richieste diverse) e puo' essere positivo anche per l'insegnante, che mutando il target di riferimento è da una parte stimolato ad adattarsi alle realtà cangianti della classe e, dall'altra, rischia meno di cadere nel gioco del "cocco della maestra", sindrome di cui tutti abbiamo sofferto, sia come alunni che come docenti. Intendiamoci, il maestro unico non è una catastrofe, ma è l'uso strumentale che di questo istituto si vuole fare - ed ancora una volta concordo con te - che mi da fastidio.