Giornalista Antifascista.

venerdì 15 luglio 2016

Dalla Locomotiva al Tir.

Ho attraversato gli anni '70 tra Torino e Roma. 
Labate, Amerio, Croce, Casalegno. E ancora Moro, Primavalle, Occorsio, Graziosi. Terrorismo nero, rosso, di Stato. 
Gli anni '80 mi trovano a Genova, che - stordita - affronta il dopo Guido Rossa, via Fracchia e dove ancora si muore: Tuttobene, Casu. Ed apro gli anni '90 in uniforme, durante la guerra del Golfo. 

Pensavo di essere vaccinato, ed invece...

Sono cresciuto con il terrorismo accanto, sono 'diventato grande' osservando come solo il riscatto popolare, solo l'impegno dei singoli possa sconfiggere il terrore. Non le leggi speciali, non lo stato d'emergenza, non la repressione, ma la presa di coscienza di chi circonda, affianca, sfiora, convive con il terrorista. Il terrore non si batte con il terrore ma con l'impegno quotidiano dei cittadini.

Con Nizza siamo entrati in una nuova, drammatica fase dell'evoluzione del terrorismo: "l'attentato fai da te." Se Parigi e Bruxelles coinvolgevano un minimo d'organizzazione e di pianificazione, Nizza dimostra come anche la cellula strutturata sia sorpassata, basta quel quantum di follia ed un po' d'inventiva per provocare morte. Il singolo diviene arma, l'oggetto quotidiano diviene strumento di morte.

Nizza è per me un po' il giardino del vicino. A Nizza si è rifugiata una parte della mia famiglia durante le persecuzioni fasciste, a Nizza si andava da neopatentati per sentirsi adulti, per uscire dalla provincia e trovarsi "in città". A Nizza atterro regolarmente quando vado a trovare i miei genitori in Liguria e nel vecchio porto di Nizza ero ormeggiato nemmeno un mese fa. Non è Nice, è Nizza.

Amici, conoscenti, mogli e figli di amici erano su quelle spiagge e su quella passeggiata ieri sera, riproponendomi le stesse ore d'angoscia vissute nel dopo Bataclan, nel dopo Bruxelles. Sono stufo.
Sono stanco di pensare "Merde, ero lì ieri, due giorni fa." Sono stanco di pensare a chi avrebbe potuto esserci, di controllare gli status di Facebook per vedere se stanno tutti bene. Sono esausto. Ed arrabbiato.

Anzi furibondo, perché ieri - ieri sera - oltre al timore, la rabbia ed un filo di sconforto mi è improvvisamente montata una grande tristezza. 

Io appartengo a quella generazione che alza il braccio e stringe le dita a pugno quasi in automatico quando ascolta La Locomotiva. "La macchina pulsante sembrava fosse cosa viva."  E No! No, non potete usare le nostre immagini. 

E poi, inorridito, penso che forse anche per lui, anche per il folle conducente di quel TIR lanciato ad 80 all'ora sulla folla questo "14 Juillet" potesse essere "un giorno come gli altri, ma forse con più rabbia in corpo." Magari anche lui pensava  "che aveva il modo di riparare a qualche torto." E lo immagino, mentre sale "sul mostro che dormiva", cercando "di mandar via la sua paura. E prima di pensare a quel che stava a fare, il mostro divorava la pianura."

No, i "nostri" eroi son tutti giovani e belli, gli altri no. Sono cattivi. Devono esserlo, perché non posso ammettere nemmeno per un instante che qualcosa possa accomunarli. 

E resto così, stordito, interdetto, preoccupato.

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