Giornalista Antifascista.

mercoledì 16 novembre 2016

Parliamo di Referendum. E di Italiani all'estero

Parliamo di Referendum. E di Italiani all'estero.

Tante cose non mi piacciono in questa proposta di riforma, il linguaggio, la struttura, le complicazioni inutili, la mancanza di coraggio, il momento in cui è presentata.

Mi da fastidio che il governo possa dettare l'agenda del Parlamento e alla storia che questo riduce la decretazione d'urgenza credo poco. Anche perché, detto tra noi, che si faccia un decreto da convertire in Aula (lasciando quindi al Parlamento la possibilità d'intervenire ex post) o che si faccia un "qualcosa" d'origine governativa imponendo al Parlamento di discuterne quando vuole il Governo, poco cambia.

Ma rivenendo agli Italiani all'estero, la riforma si conferma un pastrocchio, papocchio, intruglio di "vorrei ma non posso" e "oops, non avevo tenuto conto di".

Innanzitutto ci fregano i Senatori. O meglio ce li rubano a metà, dicendoci "Ah belli, è una camera regionale, statene alla larga."

Però poi dimenticano di toglierci il voto alle Regionali, creando quell'assurda situazione in cui se me ne sto a Bruxelles perché magari quella settimana sono di corta e la domenica lavoro, oppure - come spesso capita - sto aspettando che mi paghino gli ultimi dodici articoli e quindi i soldini per pagarmi l'aereo non li ho, a votare in Italia non ci vado. Ma se quella domenica sono libero e ho appena venduto un pezzo da Pulitzer e m'hanno pure pagato in Italia ci vado eccome. E voto. E contribuisco ad eleggere/nominare quel Senato in cui - a dire dei "riformandi" - non dovrei essere rappresentato.

Perché qui sta il busillis... Tralasciando le simpatiche osservazioni di un'eletta all'estero, che sostiene - forse perché siede alla Camera - che solo i Deputati contino ed i Senatori facciano i soprammobili, la "Costituzione forse prossima ventura" suggerisce che la Camera rappresenti tutti mentre il Senato stia li, con i sui 100 prodi (scritto in minuscolo, sennò dovevan essere 101), che portan la voce delle Regioni. Ergo, noi Italici ormai regio-apatridi, non ci dovremmo metter becco.

Però, però... però io mi ricordo le lezioni del Professor Tarello, insigne filosofo del diritto della scuola genuense, che spiegava come la norma debba essere interpretata e come esistano svariati modi - argomenti interpretativi scriveva - per capire cosa essa voglia realmente dire. E se andiamo a leggerla, sta benedetta proposta di riforma, scopriamo che non di regioni si parla ma di "istituzioni territoriali", assegnando al Senato "funzioni di raccordo tra lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica". E qui, mi dispiace per lui, ma l'asino casca.

Sia l'argomento teleologico, o "del legislatore provvisto di fini" sia quello psicologico, detto anche della "volontà del legislatore concreto" suggeriscono che l'enunciato debba essere interpretato sfruttando i testi di riferimento, siano essi i lavori preparatori o i fini generali del legislatore.

E allora, se la ratio della norma è far sì che esista una camera parlamentare che tenga conto delle specificità di alcuni enti costitutivi della Repubblica, perché essi possono avere delle particolarità che li accomunano su base territoriale (alla Val d'Aosta ed al Trentino, le trivelle in mare importano relativamente, mentre la normativa sul riconoscimento degli alpeggi può non essere capitale per la Puglia) in detta camera dovrebbero essere rappresentate tutte quelle entità che - al di là del comune sentire (norma che interessa tutti i cittadini italiani) - possiedono caratteristiche particolari che le differenziano da altre simili entità. Che mi sembra assolutamente corretto, anche se l'Italia non è uno stato federale, tanto da esser ripreso nel testo originale della Costituzione. Quella vera.

Una rapida lettura della discussione in Aula per l'approvazione della norma che istituisce la Circoscrizione estero, nel lontano 1995, chiarisce che l'obiezione "chi sta all'estero non è una regione" non è né nuova né originale. Fu Elio Vito a portarla in Parlamento, cui seguì una dottisima disamina del concetto cui parteciparono teste pensanti di livello, compreso il compianto Leopoldo Elia, che - per i più giovani - fu insigne costituzionalista, giudice e Presidente della Corte Costituzionale e, tra l'altro, Ministro delle riforme nel governo Ciampi. Proprio Elia, nel suo intervento, elimina ogni dubbio sul diritto di voto degli Italiani all'estero: 
"In sostanza facciamo esercitare un diritto che finora è rimasto sulla carta; attuiamo l'articolo 3 della Costituzione, (...) facendo venir meno gli ostacoli che si frappongono all'esercizio di un diritto riconosciuto a tutti i cittadini maggiorenni. Facciamo opera di attuazione costituzionale - altro che deroga costituzionale - mediante una legge di revisione costituzionale necessaria per superar e il principio rigido di territorialità."
Riassumendo: chi obietta che gli Italiani all'estero non debbono lamentarsi d'aver "quasi" perso diritto di voto e rappresentanza al Senato perché non sono la ventunesima regione d'Italia sbaglia due volte. 

La prima perché se il fine della norma è quello di tener conto di specificità locali è assolutamente logico e normale che al cittadino italiano all'estero siano riconosciute tali particolarità ed essendo la Circoscrizione estero introdotta nell'ordinamento con legge costituzionale essa è parte della Repubblica. 

La seconda perché, come sottolineato da Elia, la proposta di riforma, pur toccando l'art. 48 non modifica (e di questo si fan vanto i riformandi) l'articolo 3 della Carta Fondamentale, che, vale la pena ricordarlo, sancisce che:
"Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso , di razza, di lingua , di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese."
e quindi i cittadini italiani, benché all'estero, poiché "cittadini", partecipano all'organizzazione politica del Paese e spetta alla Repubblica rimuovere - e non introdurre! - gli ostacoli che impediscano tale partecipazione.

Personalmente poi, ritengo che ci sia un ultimo elemento da tenere in considerazione, un ennesimo errore del futurista riformato. 

Il testo della proposta di riforma sostiene che il "nuovo senato" (che scrivo in minuscolo in quanto non ancora organo costituzionale) debba concorrere "all’esercizio della funzione legislativa nei casi e secondo le modalità stabiliti dalla Costituzione, nonché all’esercizio delle funzioni di raccordo tra lo Stato, gli altri enti costitutivi della Repubblica e l’Unione europea."

Lorsignori m'insegnano che se c'è una "categoria" di cittadini che è particolarmente interessata al raccordo con l'Unione europea è proprio quella degli "esteri". Perché, giusto per fare un esempio, tutte le norme che di cittadinanza trattano, a partire dalla protezione consolare - che si applica ai Cittadini UE anche e soprattutto al di fuori dei confini della UE - interessano certo chi sta in Molise, ma potrebbero concernere con una certa forza chi abita a Oodnadatta, dove esistono un rappresentante tedesco e francese ma nessun Console, nemmeno onorario, del Bel Paese.

Tutto quanto sopra non fa che rafforzare il mio convinto NO. Che non è una negazione volta a far cadere un governo, ispirata ad un'antipatia epidermica per questo o quel Ministro della Repubblica o un conservatorismo becero di uno che ha paura di cambiare o non sapendo/volendo leggere si limita a ripetere a pappagallo slogan di altri. 

È profondo convincimento che questa proposta di riforma vada rigettata perché fatta male, confusa e mal pensata. Aspetto la busta (quella vera, quella con la scheda, non quella con la letterina di Babbo Natale) e mi appresto a mettere una bella, chiara ed innegabile X sulla casella del NO.

Per poi ricominciare a lavorare per il bene del nostro Paese, che ha bisogno di ben altro che d'una simil riforma...

Nessun commento: