Giornalista Antifascista.

lunedì 21 giugno 2010

Care Compagne, cari Compagni ...



Non so se sia l'ennesimo "misunderstanding" di qualche collega della carta stampata, una ricerca di visibilità da parte di qualcuno che anela ai riflettori o un serio problema, ma... che noia!


Leggo su alcuni quotidiani che qualche sedicente "giovane nativo" del PD avrebbe scritto al Segretario protestando per l'uso disinvolto del sostantivo (o aggettivo?) "compagno" all'interno del partito. Prescindo dall'analisi del termine "nativo", soprattutto se inteso nel senso riportato dalla stampa, ovvero "estraneo alla tradizione comunista e democristiana" e mi pongo alcune domande:


a) qualificarsi come estraneo alla tradizione democratica del nostro Paese è un vanto?


b) condividere un percorso politico implica obbligatoriamente vietare a chi sta facendo la stessa strada d'esprimersi come gli pare?


c) se 'compagni' non va (perchè lo usavano i divoratori d'infanti) e 'amici' non va (perchè usato dall'allora schieramento opposto ...) coniamo neologismi?


d) e se invece di perdere tempo con ste cose i "giovani nativi" s'occupassero di politica?


e) quando erano scuola come identificavano i suddetti la persona che sedeva loro affianco?


Era il 'compagno di banco' o 'il fruitore di servizi scolastici localizzato in uno spazio contiguo e chiamato a condividere lo stesso strumento logistico atto a favorire la scrittura fornendo un supporto solido?"

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